Riflessione sul libro di Paolo Crepet
Le parole di Paolo Crepet dipingono un quadro vivido della nostra epoca, segnata da una diffusa anestesia emotiva. In un mondo scosso da conflitti e incertezze, la negazione e la paura sembrano le uniche strategie di sopravvivenza, ma ci conducono inesorabilmente all’indifferenza e alla paralisi, isolando giovani e adulti in una solitudine condivisa.


Viviamo nell’era dell’atarassia, un’insensibilità che rischia di divenire la nostra cifra distintiva. Persino l’educazione dei giovani sembra assecondare questa tendenza, allontanando il confronto con la realtà e generando fragilità .
La scuola senza voti e le fiabe riscritte in nome di un’eccessiva correttezza privano i ragazzi di quelle sfide emotive cruciali per la loro crescita. Le emozioni, come muscoli, necessitano di allenamento, di essere messe alla prova per maturare.
Invece di affrontare il vuoto interiore, preferiamo colmarlo con il cinismo e con una cieca fiducia nell’intelligenza artificiale, una tecnologia che minaccia di depotenziare le nostre capacità più umane, la nostra preziosa imprevedibilità . Molti di noi, intrappolati nel benessere materiale dei propri bozzoli, non percepiscono questa anestesia dell’anima, ignorando il rischio di un’involuzione dell’intera umanità .


Eppure, un antidoto esiste: l’empatia. Attraverso la condivisione di esperienze, incontri e riflessioni, Crepet ci spinge con passione a ribellarci all’indifferenza, a non temere le nostre idee e nemmeno i nostri errori. Ci esorta a riconquistare con audacia le nostre emozioni, a tornare a
mordere il cielo, a vivere appieno la ricchezza e la complessità del nostro sentire.
